Appunti: Housing: un film

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Housing: un film
pubblicata da Nicky Persico il giorno lunedì 20 settembre 2010 alle ore 21.48






Una sera.
Fine giornata, sono stanco. Tanta routine. Consumato.
Verso casa, ma mi fermo. Telefono a Beppe. E' a Mola di Bari. Castello Angioino.
No, io vado a casa. Divertiti, ci vediamo presto.
La serata è bella, per andare in moto, e tra un po' il tempo sarà più freddo.
Un po' di strada, un po' di vento, e all'incrocio ci ripenso: tiro dritto, mare a sinistra. E guido, e penso, e dopo un po' non penso più.
Arrivo, parcheggio la moto alla “dog's cock”, come sempre. Fumo una sigaretta, armeggio, e poi entro, in tempo in tempo: titoli di testa, in quel momento, e silenzio.
Faccio come sempre, resto sull'ingresso, la sindrome dell'ultimo banco. Perchè così esco quando voglio, entro quando voglio, perchè non so mai, davvero, cos'è che vorrò, tra un po'.
Cazzo fai là in piedi?” - Beppe dice in sms - “Vieni qui, che c'è posto”. Non so, non vengo, ci vengo dopo, sto qui, per il momento, c'è un posto, mi siedo, ma vicino all'uscita.
E poi mi imbatto nelle immagini, nei suoni, nelle voci, nei racconti. Sottotitolata in Inglese, scorre la vita, sullo schermo mosso dal vento, appena.
Il Castello è a cielo aperto, e ha un suo microclima. Se lo sapesse Alberto Angela sarebbe già qui con la sua troupe. All'interno c'è vento, è freddo: fuori no.
Gente si, ma non troppa: un bel po'.
E dalla storia che vedo ne resto attratto, ci vado verso, mi distraggo e mi ci perdo, mi disoriento, ci inciampo, scivolo e ci casco: dentro.
Il dialetto, i discorsi, le storie, si rincorrono. Come le mie domande.
Ma che è 'sta roba? A volte sono lucido, ne esco, e mi chiedo: ma recitano? Ma sono veri? Ma hanno avuto un canovaccio, una guida, una indicazione? Stanislavsky mi appare e mi guarda, perplesso.
Ma che me lo chiedo a fare? Lo guardo, e basta. Lo vivo, in questo momento.
Io mi intristisco, a tratti rido, come tutti, all'unisono. Un riso amaro, forse, ma liberatorio sempre. Esorcizziamo, penso. Chissà.
Le storie sono dure, feroci, spietate, e tenere. Delicate. Una casa che non puoi lasciare, una casa popolare.
C'è chi te la porta via. E c'è una tecnica: tutti insieme, ti sfondano la porta, predano, e buttano il resto. Ti cancellano, ti annientano. La casa è la vita, e tu non ci sei più.
E scopro storie di provocazioni, vessazioni, continue, a sfinimento.
Devi andare via, devi andare via. Questo, vogliono.
Corro veloce, coi pensieri, associo le idee, e scopro lo stalking. Lo stalking edilizio. E' pazzesco.
La storia è anche quella di Nicola, eroe moderno e sommerso, nascosto, che resiste.
E' solidale, e divide il poco e il nulla, nell'afa e nella disperazione.
Un eroe, che ha il suo paradiso che lo attende.
E la sua forza sono le parole disordinate, articolate a stento, ma efficaci. Ancor più efficaci, così.
Il non detto è sensato, e si comprende bene.
C'è l'amore povero, in quella pellicola. Amore cinico, svelato. Ha l'anima nuda, perchè non te la puoi permettere, l'ipocrisia, quando sei all'osso. La telesina dei sentimenti, è cruda, spietata. Nell'unica carta coperta resta il mistero, e la speranza. E questa partita è diversa, è fatta così, la carta che non vedi. In questa partita non sarà svelata mai. Perchè è tutto quello che resta.
Ed entra in scena Rocco. Immobile, arreso, ma utile. Fa compagnia, a una donna forte e sola, Antonia che lotta da anni. Anni di lotta: 25, per tenersi quella casa.
Rocco è entrato per necessità, sia chiaro. Per rompere l'immagine di solitudine, fuori.
Rocco è discreto, curato, si mostra poco, da quel balcone che è il mondo esterno di chi vive in questo stato. Ma alla fine, diventa uno di casa, di compagnia anche a pranzo. Lo ammette, questa donna forte. Lo facevo stare a tavola, a pranzo con me. Rocco è un dummy, un manichino artigianale, fatto di disperazione e di fantasia. Rocco è proprio simpatico.
All'alba Nicola e il suo amico parlano dei massimi sistemi, mentre rientrano a casa. E' poesia dell'alba, e scorrono i titoli di coda.
Mi sposto, mi scuoto. C'è Beppe, che avrebbe da fare una domanda. C'è Lara, che quando ti guarda con quei suoi occhi grandi, le domande inizi a fartele tu. Mi siedo lì.
Inizia il dibattito, c'è l'Assessore che spiega i numeri, che tutto è cambiato, che adesso è tutto a posto. C'è lo scrittore, che spiega la tecnica dell'espropriazione, c'è Annamaria, soave e risoluta che guida il microfono, gli interventi, le parole.
E c'è Nicola, uscito dallo schermo, che stordisce di verità chi ascolta, ha resistito, e dice tutto, con le sue parole. Saluta l'amico, che non c'è ma non si sa perchè. Chissà dov'è.
Antonia tace, immobile e attenta, con gli occhi sorridenti come nel film. “E' bello, qui” dice guardando intorno l'interno del castello.
Giancarlo gira un po' tra le poltrone, si siede, e osserva i volti e le parole.
Annella è forte, è dolce, anche quando è seduta e tace, come ora.
Si va via, “Da Angelo”, in pizzeria.
La tavolata è forte. Nicola tiene banco, e pronuncia finalmente la parola che pensavo, tra me e me: annichilimento. Non ha studiato, ma Nicola, nella materia vita, è più che laureato.
Da Angelo si mangia bene, è il posto giusto. Le 0.40 vanno e vengono, tra piatti e piatti di pasta fritta, salsine e atmosfera.
Chi prende anche la pizza?”, chiede qualcuno dopo un pò. Solo in tre dicono si. Ok, portane 5, allora. Da Angelo è meglio fare così.
C'è confusione tranquilla, tavolacci di legno, e io sono sempre più rapito, e frastornato.
Guardo Federica, la Spezzina regista, interrogato. “Ma come hai fatto”, gli chiedono un po' tutti. “E' bello davvero, questo film. Gli attori sono indovinati”. La risposta è laconica, ho cercato, ho chiesto chi, qualcuno ha detto io, ed ho girato. Sei stata fortunata, allora.
Sei stata fortunata, con le tue mani lunghe e affusolate, con quel tuo sorriso enigmatico. Ma cos'hai, dentro?
Finito. Usciamo, fumiamo, e chiacchieriamo, e poi ci salutiamo.
A Federica dico “E' un capolavoro, lo penso davvero. Non sei stata fortunata, ma profonda. Ci hai creduto, e non deve essere stato facile imbarcarsi in una storia così contando in buona parte solo sulle sensazioni, io penso. Comunque grazie, è stupendo”.
Mi guarda, mi smonta pezzo pezzo, con gli occhi, lo sento, mi entra dentro.
Una occhiata rapida, e poi approva: è sincero, questo.

Si fa dolce, e dice: “Grazie”. Gli ammollo “Stellina”. Ne avevo una copia con me, come sempre, casualmente.

Ciao, ciao, ciao, ciao, e vado via mare a destra.
La sera è calda, e penso a quell'incrocio, che ho tirato dritto, e sono finito lì. Lì dentro.
Ormai è notte, la strada è sgombra, e via, a manetta. Mai fatto, così.
La moto, certe volte, la guidi con la pancia: tu non ti muovi eppure gira, e curva, e piega.
Non so com'è, ma stasera è così.
E vai, e vai, e vai. Una quarantina di kilometri. La moto è contenta, ma quando li spingi al massimo, tutti vanno in crisi, oltre un certo limite.
Quasi a casa. Un sussulto. Un'altro, e poi un rumore sinistro, metallico e stridente.
La moto mi ha lasciato, forse ho, un pochino, esagerato.
Ma è gentile, la mia moto.
Ha tenuto duro, almeno fino ad una stazione di servizio. Proprio “per strada” non mi avrebbe mai mollato.
Ne abbiamo fatte tante, insieme, e chiunque abbia una moto, sa che è viva, e che ti vuole bene.
Sono quasi le 3.
Provo a riavviarla, ma non c'è niente da fare.
Il cane da guardia, alla catena, sembra aver capito, si accuccia dov'era prima e non mi abbaia più.
Ho capito, la moto è andata.
Mi siedo sul bordo dell'aiuola, e mi chiedo: ma che ci faccio, qui?
Cos'è questa serata, cos'è stata?
Il rumore tipico dell'accendino, e poi la fiamma, e me ne accendo una, che proprio ci vuole.
Penso che sarebbe una bella inquadratura, per finire. Zoomata lenta indietro, e poi i titoli di coda.
Magari come Brooks. Si, potrebbe funzionare.
Nicky was here”, il titolo, a sfumare.

Nicky Persico

Il trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=b-FnpVxNiq0